Il rapporto tra bambini e Rete visto dagli internet guru

Con questo pezzo d’apertura, inizio la pubblicazione a puntate dello speciale dal titolo “Bambini a più dimensioni” uscito con Nòva24 numero 173 del 14 maggio. Una piccola inchiesta realizzata per raccontare ai genitori italiani, specie a quelli “non digitali”, come i guru della Rete gestiscono o gestirebbero rischi e opportunità derivanti dall’incontro tra i loro giovani figli e Internet. Non una guida, ma una serie di pareri autorevoli (parlano Dave Sifry, Yossi Vardi, Doc Searls, Don Tapscott, Cory Doctorow, Marissa Mayer, David Weimberger e il nostro Stefano Quintarelli, solo per citarne alcuni) sui quali riflettere insieme.

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Bambini a più dimensioni

«Internet è il più potente strumento di comunicazione mai posseduto dall’uomo e, nel prossimo futuro, la sua comparsa sarà indicata come un altro dei punti di svolta nell’evoluzione della razza umana, alla stregua dell’invenzione della stampa o della scrittura stessa». A parlare è Yossi Vardi, storico imprenditore della rete, secondo cui la cosa più importante nel rapporto tra genitori e figli “digitali” è «dare loro un solido sistema di valori con cui poter misurare le proprie azioni quando sono in rete».

L’Internet guru ci propone insomma una visione del rapporto tra giovani e rete antitetica rispetto a quella di molti genitori “non digitali”, nel cui tormentato immaginario i figli appaiono come automi imbambolati davanti a un computer ed esposti a ogni genere di predatore sessuale. Terrorizzati, padri e madri “analogici” reagiscono nel modo più semplice: proibendo l’uso di ciò che non comprendono.

Eppure vietare è generalmente inutile:

i bambini si rivelano infatti oltremodo ingegnosi nell’aggirare i divieti e, comunque, vivono in un mondo disseminato di terminali collegati a Internet. Dunque cosa fare? Per uscire dallo “stallo” abbiamo chiesto a tredici Internet guru come hanno gestito o gestirebbero l’approccio dei loro figli alla rete, ma anche quali consigli darebbero a quei genitori di “digital natives” che, per età o per cultura, digitali non lo sono affatto.

Il risultato dell’inchiesta è, a conti fatti, confortante: sebbene manchi accordo su quale sia l’età in cui un bambino dovrebbe iniziare a usare la rete, gli intervistati concordano nel dire che Internet fa bene ai giovani. L’importante è che gli adulti – come suggerisce ad esempio Marten Mickos – mantengano un dialogo costante con i propri figli, costruendo con loro un rapporto di solida e reciproca fiducia. Se poi un padre non sa neanche accendere un computer, allora dovrebbe lasciarsi guidare dal proprio figlio perché – suggerisce Don Tapscott – «i nostri ragazzi ne sanno molto più di noi ma hanno disperatamente bisogno di riversare il nostro buon senso nella loro conoscenza istintiva di questo nuovo strumento di comunicazione».

A conforto di questa visione generalmente positiva, vale la pena citare il poderoso studio etnografico realizzato per la MacArthur Foundation dallo staff di Mizuko Ito e condotto in collaborazione con la University of Southern California e la University of California, Berkeley.

La ricerca, intitolata Digital Youth Project e pubblicata a novembre 2008, analizza l’uso che i teenager americani fanno dei nuovi media digitali e trae i suoi risultati da circa 800 interviste, sommate a oltre 5mila ore di osservazione dei comportamenti on line. Uno studio durato tre anni e costato 3,3 milioni di dollari che, in estrema sintesi, giunge alle seguenti conclusioni: social network, siti di video sharing e video giochi on line, così come gli strumenti tecnologici che consentono di accedervi (in mobilità e non), sono ormai elementi fondanti della cultura giovanile.

La ricerca rivela che l’uso di Internet accentua la socialità dei più giovani, i quali accedono ai network sociali per rafforzare rapporti interpersonali già esistenti nel mondo reale. C’è poi una porzione significativa di nativi digitali che naviga per rintracciare informazioni più approfondite su temi di interesse emersi, ad esempio, in ambito scolastico. Interagendo con i loro coetanei nel modo nuovo e potente consentito dal web2.0, essi usano Internet per conquistarsi competenze approfondite e specializzarsi, ridefinendo autonomamente (e lontano dalla scuola, spesso vissuta come arretrata e inadeguata), il loro percorso educativo. E mentre lo fanno, conquistano con la forza del loro talento nuove forme di visibilità e reputazione, in contesti che vanno ben oltre i confini della loro comunità off line.

Ovviamente tutto questo solleva una serie di pressanti questioni per gli educatori, per i genitori e per i decisori pubblici. Questioni che non possono essere affrontate con la mannaia del censore e sull’onda dell’emozione destata da un pur grave fatto di cronaca, né tantomeno importando ex abrupto regole vecchie e lacere in un mondo nuovo e in rapidissima evoluzione.

Servirebbe invece – sembrano dire in coro i guru della rete intervistati in questa inchiesta – riconoscere la profonda e irreversibile integrazione tra mondo digitale e mondo reale che caratterizza il vivere quotidiano dei più giovani. Fatto questo, ci si dovrebbe accostare a questa realtà con fiducia nei propri figli e vivere insieme a loro, procedendo per prova ed errore, il bene e il male di questa nuova e straordinaria avventura.


Vedi anche:
– David Weinberger: “Educare i figli a discernere il vero dal falso
– Dave Sifry:Tutto resterà per sempre documentato in Rete
– Yossi Vardi: Dare ai giovani accesso alla rete e un codice etico per gestirla
– Doc Searls – Tenere i bambini lontano dalla tecnologia il più a lungo possibile
– Joi Ito – Non dobbiamo creare analfabeti digitali
– Maryssa Mayer – Internet porta in dote più benefici che rischi
– Stefano Quintarelli – Stare vicini ai figli e navigare con loro
– Chris Anderson – Navigazione protetta e accesso alle fonti di informazione come Wikipedia
– Marten Mikos – Lasciare che i figli imparino ad affrontare i problemi da soli

2 pensieri su “Il rapporto tra bambini e Rete visto dagli internet guru

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